30 Agosto 2011 Per superare l'orrore con la poesia. Scrive Elitis che “i poeti sono gli inconsolabili consolatori del mondo”. Loro sono tutti testimoni della cedevolezza della carne, Della deflagrazione degli occhi in vuoti fioriti di cenere, Di come si possa morire a grappoli nelle fiamme. Animali impazziti. Libellule, salamandre, calabroni. Guardateli: sono così indecenti Nel loro scempio ormai freddo e rossastro! Così strazianti! E anche così amabili nel loro niente ormai cheto e irrimediabile. Il fuoco ha banchettato sui loro corpi, lasciando come resti Una mano aperta come una rosa recisa e poi gettata nel fango, Un piede ossuto infilato in un sandalo, una testa infantile Con qualche ricciolo ancora biondo e inviolato che giace, Così troppo reale e inconcepibile più dello stesso eccidio, in una pozza Dove si confondono le impronte nere del fuoco, il sangue rossiccio e raggrumato E le prime misericordiose ombre della sera. I vivi se li sentono addosso, i morti, Soprattutto per via dell’olfatto che non sa come difendersi dal disgusto E in quale sorgente dell’anima trovare una qualche risposta ad un ancestrale E perduto orrore per ricoprire con un candido telo d’amore i misteriosi relitti Che sono adesso i loro amati, i loro anelli al dito, una sciarpa intatta, un giubbotto a quadri. Bisogna che giunga la notte e la luna rotonda per capire come s’infiorano Di spuma bianca le ossa nude, come tutto s’alleggerisca nella luce della più antica delle madri. E che tutti loro, i martiri santi, sono fieri di avere scavalcato già le vette, Di avere trovato un altro campo dove lasciarsi cadere cantando. I vivi, allora, si accorgono che il silenzio della morte è un’assenza feconda, E che tutti quelli che vanno ritornano con mani piene di bellissime rose. I morti, allora, diventano giovani, fiottando come fiumi di acqua fresca Sul cuore, e penetrano nei vivi con radici robuste e i loro pensieri spuntano come ali Da ogni poro. E i vivi pensano che, se possono andare lontano, È perché i morti cantano nelle orecchie le parole che stanno in alto come le aquile.
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Censa Cucco
- 17/11/2011 17:26:00
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i morti tornano a portare mani piene di rose ai vivi che li hanno lasciati uccidere... essi non temono più nulla volano alto come le aquile là dove volano i tuoi pensieri e i tuoi sentimenti. Un saluto censa
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Sandro Angelucci
- 13/09/2011 12:05:00
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Franca carissima, questi tuoi versi - che sallungano oltre ogni misura, quasi a lanciarsi verso linfinito, perché i vivi "si accorgano che il silenzio della morte è unassenza feconda" - hanno il dono del conforto. E il miracolo della poesia, amica mia, della vera poesia: quella che capovolge lorrore dopo esserne stata straziata. Bisogna aspettare. "Bisogna che giunga la notte e la luna rotonda per capire come sinfiorano / di spuma bianca le ossa nude". La guerra, ogni guerra, non è mai combattuta da chi realmente la vuole: "i martiri santi" della Libia simmolano, così fieri "Di avere trovato un altro campo dove lasciarsi cadere cantando". Ma la loro vera ricompensa è nei vivi, in cui penetrano "con radici robuste", nei vivi che, "se possono andare lontano / E perché i morti cantano nelle orecchie le parole che stanno in alto come le aquile". Non posso che concludere associandomi ad Elitis: "i poeti sono gli inconsolabili consolatori del mondo". E, grazie! di cuore.
Sandro
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Guglielmo Peralta
- 10/09/2011 22:42:00
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Immagini forti, vere, di un realismo fotografico e sconvolgente; brandelli di vite spezzate, uno scempio inutile, ingiustificato. Un quadro dettagliato di una delle tante, ormai troppe, tragedie umane sulle quali, forse, solo i poeti continuano a interrogarsi senza trovare una risposta, senza potersi rassegnare. La poesia ha il "potere" di entrare nello spazio della morte, di stemperare lorrore, di addolcire lamaro calice che siamo costretti a bere quotidianamente. E così i morti ci appaiono trasfigurati e ci fanno dono di un canto nuovo, fecondo, purificatore, che vale una rinascita!
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Franca Alaimo
- 09/09/2011 12:16:00
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Intervengo unaltra volta per ringraziare gli ultimi miei lettori. Ogni giorno arrivano immagini di nuovi orrori dalla Libia e da altre parti del mondo, e dunque, quelloggi, riferito al giorno in cui ho scitto la poesia, è sempre un altro oggi, e non è mai un domani, quello che vorremmo diverso.
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Giovanni Dino
- 07/09/2011 22:42:00
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Franca tu scrivi con lanima e con lintelligenza dello spirito. La poesia AI MORTI DI OGGI, DI LIBIA non è sfogo e né sfoggio retorico è pura testimonianza. E il poeta se non è testimone e interprete della storia che lo circonda meglio che taccia seppellendosi nei propri errori. La tua poesia fa riflettere lasciandoci non indifferenti allo strazio alle violenze e alle crudeltà che di tanto intanto media ci permettono di conoscere. Riesci a vibrare con parole forti e sonore sentimenti e dignità che cercano giustizie. Un caro e fraterno saluto Giovanni Dino
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Maria Squeglia
- 07/09/2011 21:40:00
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Cara Franca,è vero quello che dici,la tua poesia,questa poesia,è fuori del tempo perchè troppo è il sangue,troppo il dolore,troppo il martirio degli esseri umani,oggi come ieri. Il tuo bellissimo testo,guarda allucinato tutto ciò e con pietà lo copre con la migliore,la più intensa poesia.Grazie.
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Alessandra Ponticelli Conti
- 07/09/2011 13:58:00
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Grazie per questa bellissima poesia.
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Oronzo Liuzzi
- 06/09/2011 23:37:00
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Siamo testimoni della vita e della morte - dellodio e dellamore.....testimoni del presente e Franca Alaimo, con la sua grande nobiltà di pensiero e di sensibilità acuta, riesce a trasmetterci le emozioni più profonde, nascoste e visibili. Locchio si apre non solo al crudele, ma anche alla speranza. Complimenti.........................e la vita sempre................
Oronzo Liuzzi
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Maria Teresa Savino
- 06/09/2011 19:47:00
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POESIA BELLISSIMA:VERSI INCANDESCENTI SUL GELO DI UNA MORTE INSENSATA.DOLORE,PIETA,CONDIVISIONE;ORRORE PER LOLTRAGGIO ALLA VITA,TENEREZZA CHE PENETRA LANIMA NELLA VISIONE DEL GIUBOTTO A SCACCHI,DEL RICCIOLO BIONDO,MIRACOLOSAMENE INTATTO.MOLTO PUOLA POESIA,MOLTO POSSONO LE PAROLE DEI POETI.CONGRATULAZIONI,GENTILE POETESSA ED UN AUSPICIO:"CHE IL GRIDO NON RESTI SENZECO".(IL TITOLO, APPUNTO,DI UNA MIA POESIA CHE "GRIDA" CONTRO LA GUERRA)
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leopoldo attolico
- 06/09/2011 11:01:00
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Lemotività scompare e resta lumano nella sua espressione più alta . Grazie da tutti noi . leopoldo
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Lorenzo Mullon
- 06/09/2011 09:09:00
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Cara Franca, noi dobbiamo cantare perché non possiamo farne a meno, e il mondo che andiamo a modificare attraverso le parole è innanzitutto il nostro interiore, per questo siamo noi i morti che sussurrano nelle orecchie dei vivi, parliamo da unaltra dimensione, quella vera, vivissima! Siamo morti e vivi insieme, abbracciamo la realtà intera grazie alla Poesia, osserviamo la follia umana dallesterno e la viviamo in prima persona, siamo fortunatissimi, poco importa se veniamo emarginati, abbiamo già vinto, siamo degli Imperatori, nonostante il nostro Dono sia ridicolizzato costantemente da una marea di ciechi. Evviva la Poesia che risana e guarisce!
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Maria Grazia Cabras
- 06/09/2011 07:45:00
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i morti ci guardano/moriamo della loro morte siamo il loro stesso scempio ci salveremo da tanto orrore?
alte risuonano le parole di Franca Alaimo - vivissime denunciano lo strazio - colmano di rose la notte - nutrono di radici il silenzio perché la morte non sia vana
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Andrea Piccinelli
- 06/09/2011 00:49:00
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Infatti ciò che mi piace di più della poesia, è questo suo saper essere "fuori del tempo". Grazie
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Maurizio Sciascia
- 06/09/2011 00:40:00
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Una Poesia alta, un canto che è allo stempo grido di dolore e orrore ma anche speranza e possibilità di riscatto, che arriva dentro con decisione e delicatezza, che non deve e non può restare entro i confini de "la Recerche". Non si può e non si deve restare indifferenti allorrore che si compie sotto i nostri occhi, ormai assuefatti, che ogni giorno ci arriva attraverso i media, concordo con chi mi ha preceduto! Grazie Franca. p.s. Siamo tutti consapevoli che gli interessi del mondo occidentale sulle risorse di questi paesi hanno certamente un peso notevole sulle ultime vicende, il punto è che comunque a pagare il prezzo maggiore sono sempre e soprattutto gli innocenti, che hanno la disgrazia di trovarsi al centro di questi "conflitti". Mi piace pensare che lo sguardo compassionevole, dolente ma allo stesso tempo pregno di speranza di Franca, tendesse ad omaggiare e non lasciare nel silenzio proprio questa parte più debole ed indifesa.
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Franca Alaimo
- 06/09/2011 00:40:00
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Anche se condivido lanalisi politica che di questa guerra si può fare, non si può dimenticare che certe manovre più o meno intuibili non toccano e non sporcano chi combatte davvero per i propri ideali. E di uomini così ce ne sono tantissimi ancora, per nostra fortuna. Non cè stata rivoluzione al mondo che non abbia avuto le sue ragioni economiche più o meno sporche, non cè stata guerra "santa" che non abbia fatto piacere al diavolo; però i veri martiri sono da onorare e non possiamo ignorare il loro sacro eroismo. Ed è vero pure che la mia poesia nasce nel tempo, ma è anche fuori del tempo.
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Andrea Piccinelli
- 06/09/2011 00:22:00
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Chiedo scusa se intervengo di nuovo... non avevo letto gli ultimi commenti alla poesia, tra i quali quelli del sempre apprezzato Lorenzo Mullon, della signora Franca Alaimo (alla quale rinnovo la mia ammirazione) e di Domenico che addirittura mi ha citato (un onore che non credo di meritare!). Sono felice di vedere che così tanti poeti siano stati stimolati da questi versi bellissimi.
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Andrea Piccinelli
- 06/09/2011 00:06:00
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Leggendo la poesia il primo elemento che ho recepito è stato il potente messaggio di speranza di cui è intriso lintero testo: una profonda riflessione sul senso del sacrificio individuale per garantire un futuro migliore ai propri connazionali; ma anche uno stimolante spunto di discussione sulle finalità e sul senso della poesia nella società contemporanea. La poesia trascende il mero dato fattuale, assumendo un valore universale. Apprezzo e ammiro la coerenza intellettuale dellautrice e la pregnanza dei suoi versi, pur non condividendone in toto il pensiero (cosa che mi pare comprensibile e che sicuramente mi sarà perdonata). Riguardo alla questione libica, la maggior parte dei mezzi di informazione italiani (per motivi che è inutile spiegare) non sono stati per nulla chiari. La vicenda puzza di petrolio e neocolonialismo: temo (anzi, ho la certezza) che le speranze degli insorti contro il regime di Gheddafi (il cui numero è molto minore di quello che ci vogliono far credere) saranno presto frustrate. Su Internet si trovano molte analisi interessanti: ad esempio, lintervista a Massimo Fini (uno dei pochi intellettuali italiani indipendenti dallegida omologatrice dei Partiti) sul blog di Beppe Grillo.
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Franca Alaimo
- 05/09/2011 23:12:00
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Quello che mi premeva, mi preme, è spaccare le lastre di ghiaccio, cone dice Domenico, a cui piacerebbe ( grazie!) mandare avanti la mia poesia come un manifesto di protesta. Lorenzo dice che forse siamo noi, i poeti, i morti che cantiamo nelle orecchie di chi non vuole ascoltarci; ma noi "dobbiamo" cantare, "dobbiamo" farlo per trapanare con il nostro no il male atroce del mondo, tutto il male, quello plateale e quello più subdolo. Anche se sembra poca cosa, non lo é: sono le parole a cambiare il mondo, le parole che sono idee che viaggiano nel tempo. Il loro cammino è lungo, ma infine tutte le conquiste delluomo sono frutto di una lotta tenace. Io vi ringrazio tutti, perchè la mia voce è piccola,e siete voi, miei lettori, con le vostra eco di commozione e di rivolta che le consentite di propagarsi.
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Domenico Morana
- 05/09/2011 22:56:00
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PAROLE COME QUESTE... Insisto, non "si dovrebbe..." ma "si invii...". Invito la Redazione a raccogliere le nostre testimonianze sul presente orrore a far da dolente scorta alla sgomenta poesia di Franca. Penso a certi "Disastri" visionari di Piccinelli o ai suoi mortali spiaggiamenti a Lampedusa, per ricordare un poeta che stimo capace di rompere col solo colpo dascia ben assestato duna sinestesia la lastra di ghiaccio che mi grava sul petto. Il punto dincontro è su PAROLE COME QUESTE nella rubrica Pensieri :: Ricerca :: Poi, se ci sarete, spero in tanti, la Redazione avrà il suo bel da fare...
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Lorenzo Mullon
- 05/09/2011 22:49:00
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Un affresco stupendo e rivoltante, delle conseguenze della vanità umana, dellaffermazione dellio, che avviene sempre sminuendo il valore degli altri, controllandone la mente o distruggendoli. Il massacro è certo il modo più grossolano, ma più spettacolare, per attuare il disegno della prevaricazione e del potere. Noi che vivamo in una società civile, dobbiamo subire una varietà più raffinata di questo disegno perverso: iniziamo dalla scuola con linnocente affermazione del primo della classe, passiamo attraverso il controllo della mente nelle aziende e nelle organizzazioni di tutti i tipi, fino al marketing, allutilizzo dei media e al controllo raffinatissimo dei vari dittatori e dittatorelli culturali - non dimentichiamoci dei "valori" studiati e imposti attraverso le case editrici, il sistema dellarte etc. I morti che cantano nelle orecchie potremmo essere noi. Forse ne possiamo uscire tuffandoci nella Poesia, di sicuro non dobbiamo nutrire alcuna aspettativa da questo mondo alla rovescia. Grazie, cara Franca
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Nando
- 05/09/2011 22:28:00
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Forse solo lo sguardo profetico della Poesia, riesce a guardare la Notte delluomo come la sentinella che veglia larrivo dellalba. Ho avvertito tutta lurgenza del tuo dire prestando la tua nobile voce poetica a ciò che sfiora i confini dellindicibile.
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Maria Musik
- 05/09/2011 19:06:00
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Cara Franca, quasi non trovo le parole per dirti come questa tua poesia mi abbia coivolta, commossa, toccata. Hai dato voce allorrore, allumana pietà, al senso di impotenza ed alla ricerca di risposte che albergano nella mente e nellanimo di ogni uomo di buona volontà. Una voce, la tua, chiara, limpida, alta, nobile e colma di Amore. Uno sguardo acuto che trattiene tutto lorrore di immagini alle quali, atroce a dirsi, si è divenuti avvezzi. Non le allontani, anzi, te ne fai custode perchè ci sia una memoria di questo eccidio, di tutti gli eccidi. Ha ragione Domenico: parole come queste dovrebbero giungere ai Monarchi, dovrebbero diventare fuoco che bruci lignobile indifferenza... la loro e la nostra. Grazie.
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Domenico Morana
- 05/09/2011 18:40:00
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Nobilissima Franca,
trovo in ogni tua poesia una domanda, nemmeno troppo sottintesa, sul senso del fare poesia oggi. E sempre una domanda scomoda e per rispondere sono restio a fidarmi delle mie fallite ricette e preferisco abbandonarmi completamente alle tue rassicuranti, umanissime risposte. La lettura mi basta e mi dà la sensazione di tornare migliorato al mio laboratorio dumile artigiano del nulla. Ma oggi la domanda sè levata più potente da unonda organica che muggisce un dolore di volti sfigurati. Oggi non voglio essere consolato e da oggi non vorrò più consolare finché non crollino i Ministeri delle Guerre e degli Stermini. Che siano spazzati via dalla tempesta duna Bellezza irresistibile. Poi potremo infine piangere sui nostri cuori disamorati.
Si invii questa poesia straordinaria ai Monarchi della Terra, del Denaro e del Sangue. Si cominci con questo. Sia questa tua poesia lambasciatrice, in rappresentanza di tutti (ne sono certo, tutti!) i poeti de LaRecherche.it.
Ti bacio le mani.
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Mariella Bettarini
- 05/09/2011 16:51:00
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Cara Franca, grazie per questa tua struggente, cruda ed insieme umanissimamente pietosa "elegia dinanzi alla morte". Morte di animali e umani. Morte senza (apparente) redenzione. Morte folle, insensata. Anche nostra morte. E un grazie sempre, naturalmente, anche a Roberto e Giuliano, per la loro diuturna cura per la vita: vita della Parola, vita di tutti noi. Grazie!
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sara dimatera
- 05/09/2011 11:39:00
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"Quelli che si sacrificano per combattere le tirannie sono sempre pochi"asseriva Oriana Fallaci. Non so quale sia quella linea di confine che separa il bene dal male e se sia "giusto"sacrificare se stessi senza che talvolta nessuno se ne accorga e giacere lì, in una delle tante fossi comuni. Ci soffermiamo sempre a riflettere sulla brutalità,sulla malvagità dellindividuo,senza pensare che tutto ciò è innato nellessere umano e quindi in qualche modo naturale,ma non riflettiamo mai sul dolore dellanima di un uomo.Non pensiamo mai a quali possano essere i sentimenti di un uomo proprio nellistante in cui sta per sacrificare se stesso...le ferite dellanimo sono inesauribili;ferite che ad ogni pretesto sgorgano dal cuore. I tuoi versi parlano proprio di quellanimo violato con una dlicatezza e un rispetto che mi tocca profondamente.Le tue poesie riescono sempre ad andare oltre lobbiettività delle cose e riescono a scolpire i sentieri più sinuosi dello spirito. Grazie Sara
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Narda Fattori
- 05/09/2011 10:49:00
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Una poesia sulla morte che ci è compagna e che incontriamo ad ogni angolo di storia presente, una poesia per ricordare , per stare consci dentro questo male che ci duole e non sappiamo dove ci porta. Una morte da condividere, una morte che non vuole, non deve tecere.
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Loredana Savelli
- 05/09/2011 08:44:00
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Senza parole davanti al mistero della morte, piccoli davanti alla certezza, da te così appassionantamente cantata, che "il silenzio della morte è un’assenza feconda,/E che tutti quelli che vanno ritornano con mani piene di bellissime rose".
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